20 luglio 2008

Annunciazione e Resurrezione


Mitoraj racconta:"Ho impiegato molto tempo ad accettare la proposta di realizzare le porte della Basilica (di Santa Maria degli Angeli), perché sprigionare l'energia che merita un'opera di questa portata mi sembrava un'impresa impossibile. Eppure, non c'è dubbio, la tentazione era forte. Ero tormentato. Mi avevano trasmesso il loro entusiasmo. Ma io mi chiedevo e richiedevo: com'è possibile per uno scultore contemporaneo affrontare l'arte sacra nella città che è il museo di capolavori più grande del mondo? Mi fecero notare che la facciata necessitava di un intervento artistico. Mi fecero notare che prima o poi qualcuno avrebbe rifatto le porte. Alla fine mi sono convinto. E ho scelto due momenti fondamentali della storia del Cristianesimo: l'Annunciazione, con la quale inizia la storia della vita tormentata di Cristo, e la sua Resurrezione, un evento misterioso dal fascino incredibile. Queste immagini mi hanno assorbito la mente per più di due anni. Ma più avanzavo nel lavoro e più ero felice e pensavo alla fortuna di poterlo fare..."
Annunciazione e resurrezione, cose divine, cose che noi mortali non potremo mai provare. Di nessun mortale viene preannunciato il concepimento e nessun mortale risorge dopo la morte. E' ricorrendo a due indiscutibili attributi del sacro che Mitoraj ha sottolineato la sacralità dell'ambiente in cui si accede. Dunque, dopo aver varcato la porta dell' Annunciazione, l'attesa, la nascita, l'infanzia e la predicazione del Cristo stanno "dentro", e dentro c'è anche la parola, la predicazione, e la morte.
In una parola dentro Santa Maria degli Angeli c'è la vita.
La vita del Cristo e degli uomini, quella fatta di nascita e di morte, di odio e di amore, di coraggio e di paura, di parole e di silenzi, di faticosa ricerca e di rivelazione. Varcando la porta della Resurrezione siamo fuori: nel rumore assordante del traffico, nel lezioso e ammiccante zampillare della fontana delle Naiadi, nell' ammasso umano di stracci e sporcizia che tende la mano all'elemosina. Di nuovo la vita: interno ed esterno sono le reciproche rappresentazioni di uno stesso significato di cui annunciazione e resurrezione simboleggiano forse la raggiunta consapevolezza.
 



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14 luglio 2008

Indelebili tracciati


Presso gli Ndembu, popolazione profondamente studiata da Victor Turner (per una ricca bibliografia), si ritiene che la donna che partorisca un figlio morto o che non porti a termine la gravidanza sia vittima di un Isoma, maleficio causato da un’ombra che provoca lo scivolamento dei feti dal grembo materno. Si crede che l’ombra, chiamata ‘Mvweng’i, o anche Nonno, personificazione di un lontano antenato, vestita di un gonnellino di striscioline di corteccia come nei riti di circoncisione dei ragazzi, appaia nella notte in sogno alla paziente causando la fine della gravidanza. Nonno, che è connesso alla risoluzione della prognosi dopo la circoncisione, in quanto personificazione della mascolinità e potenza fecondatrice maschile è pericolosissimo per le donne incinte.
La figura di Nonno-‘Mvweng’i, presenta alcuni aspetti molto simili ad una figura appartenente alla religiosità Romana arcaica, Faunus.

Come Nonno-‘Mvweng’i’ anche Faunus personifica gli spiriti degli antenati ed è connesso con le iniziazioni maschili. Demone notturno, Faunus si aggira pericolosamente intorno all’abitato protetto dall’ombra e cambia forma, si infila negli interstizi, è un molestatore di donne, è incubus: entra di notte nei loro letti e realizza la sua potenza fecondatrice possedendole nel sonno. E’ per questo che nella notte successiva al parto i familiari maschi tentano in ogni modo di tenerlo lontano dalla puerpera con un rituale che conosciamo attraverso Varrone
Come Nonno-‘Mvweng’i’, anche Faunus personifica gli spiriti degli antenati ed è connesso con le iniziazioni maschili e con la cura della sterilità femminile: durante la festa dei Lupercalia le donne, a scopo propiziatorio vengono frustate con strisce di pelle di capra, che come le cortecce del gonnellino di ‘Mvweng’i’ rappresentano l’abbigliamento di Fauno e rivestono la stessa funzione medicamentosa, sottolinenando per l’uno come per l’altro lo stretto rapporto con la fertilità e i boschi dello spazio esterno al villaggio.
Come la figura di una strega favorisce ‘Mvweng’i’, nel rituale Isoma, così Faunus è aiutato da una figura demoniaca femminile, Tacita, che risiede sotto la soglia della porta e che potrebbe agevolarne l’ingresso, se non fosse per il suo opposto, Carna, ninfa tutelare dei cardini che contrasta l’accesso degli uccelli infernali che andrebbero a divorare gli intestini dei neonati.
Certo non stupisce il fatto che eventi critici così rilevanti all’interno di una comunità, quali la mortalità femminile da parto o quella infantile nei primissimi giorni di vita, vengano rappresentati attraverso trasposizioni simboliche affini, ma vogliamo comunque individuarle e comprenderle, in un’ottica del tutto libera da presunte superiorità delle culture classiche-occidentali rispetto a culture indigene africane e fortemente interessata, invece, alla persistenza di immagini archetipe che continuano a seguire il loro indelebile tracciato nelle menti degli uomini e delle donne di ogni epoca e di ogni parte del mondo.





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