16 aprile 2007

I depositi di fondazione - Seconda Parte

Ritrovamenti di sepolture umane presso, o sotto strutture murarie, in contesti dove è escludibile con certezza la presenza di aree destinate a necropoli, sono attestati in maniera abbastanza consistente: è noto il caso di un bambino ucciso e sepolto sotto la soglia di una torre della fortificazione di Nauplion. In Spagna sono noti numerosi ritrovamenti, il più antico - V-IV sec. a. C.- riguarda un uomo sepolto sotto un muro che sosteneva una tettoia , l’altro databile al 75-50 a.C., ha reso tre individui sepolti, con un corredo vascolare ed un uccello, presso una torre della fortificazione di Bilbilis. Gli altri due contesti spagnoli sono invece relativi a sepolture, di evidente aspetto rituale, effettuate durante la costruzione, o ricostruzione, di edifici civili nella città di Dianum -seconda metà del I secolo d.C. circa.
In Inghilterra sono noti casi di sepolture, presso le rispettive cinte murarie, a Reculver Fort Kent, Springhead, Wroxester (Viroconium) e Verulanium. A Springhead è emerso, invece, sotto il pavimento della cella di un tempio, un vero e proprio contesto sacrificale in connessione con le fasi di costruzione: in ciascuno dei quattro angoli della cella del Tempio IV - età antonina -135-192 d.C.- era stato deposto, all’interno dello strato che costituiva il pavimento, un bambino di circa sei mesi. I sacrifici erano stati compiuti in due momenti diversi: la prima coppia era stata sepolta nel primo pavimento, la seconda era stata sepolta nel secondo e ultimo pavimento. Un neonato di ciascuna coppia era stato decapitato.
Come per Spagna, Grecia e Inghilterra, anche in Italia, deposizioni di vittime umane all’interno di depositi di fondazione si concentrano soprattutto nelle strutture murarie relative a fortificazioni.
Interessantissimo ed estremamente affascinante il caso di Opitergium (Oderzo) che resta al momento attuale un unicum, sia per l’eccezionalità dei ritrovamenti, sia per il periodo cui appartengono: lo scavo delle mura, di età augustea, ha infatti riportato alla luce cinque sepolture di infanti ubicate sul versante esterno del tratto delle mura, circa 20 metri, compresi tra una postierla e il basamento di una torre. Le deposizioni, in piccole fosse ovali, erano in parte in appoggio al primo corso di fondazione, in parte a pochi centimentri dal piano di lavorazione in scaglie di laterizi del muro. Quello che sembra essere l’esito materiale di un rituale svoltosi durante la costruzione del muro era completato dalla deposizione di due cani, in prossimità della torre, uno all’esterno delle mura ed uno all’interno.
Ma anche una cinta muraria assai più avvezza ai clamori della storia e dell’archeologia rivela lo straordinario contenuto delle sue fosse di fondazione….

I depositi di fondazione -Prima parte

Fonti letterarie ed evidenze archeologiche, relative ad un arco spaziotemporale sorprendentemente ampio, narrano dell’uso di deporre oggetti e vittime animali o umane direttamente nelle fosse di fondazione, o nell’immediata prossimità di cinte murarie, ponti, templi ed altri edifici, con un riguardo molto particolare ai segmenti di spazio deputati al passaggio.
Gli esiti materiali di tale uso sono stati, e sono tuttora, oggetto di studio e di ricerca per l’archeologia e l’etnologia, e la supposizione più plausibile sul loro scopo, formulata da etnografi, folcloristi e storici delle religioni, è orientata alla ricerca di garantire la solidità e l’efficienza della costruzione.
Dare un’anima alla costruzione è un topos della metafisica arcaica secondo cui nulla può durare se non è animato, così come un altro impone di ricompensare entità soprannaturali che avrebbero sofferto il turbamento dello status naturale dei luoghi avvenuto al momento dell’edificazione, o di espiare la violazione della sanctitas delle costruzioni precedenti nel momento della loro obliterazione.
Mircea Eliade , riconobbe ed analizzò approfonditamente l’uso, non solo arcaico, di effettuare sacrifici di fondazione, che propose di interpretare come atto simbolico di unione tra l’anima della vittima e quella dell’edificio, collocando l’uso all’interno di un sistema filosofico-religioso che realizza nella reiterazione dell’atto cosmogonico della “morte violenta sacrificale” la conditio sine qua non per la riuscita e la durata di una impresa.
Nel mondo antico, dice Eliade, i sacrifici per le costruzioni erano noti: “Le città fenicie, come anche i templi o le case di Canaan e della Palestina, si basano sulle vittime sepolte vive. Le stesse usanze a Roma. Secondo Malalas, Alessandro avrebbe costruito Alessandria sacrificando una ragazza che avrebbe chiamato Macedonia; Augusto ad Ancyra, avrebbe sacrificato la vergine Gregoria; Tiberio, nel grande teatro di Antiochia, Antigone, ecc. In Egitto si seppellivano gli schiavi nei palazzi.
La Chronographia di Giovanni Malalas conserva il ricordo di una impressionante serie di uccisioni connesse a fondazioni di città, costituzione di province o costruzioni di edifici effettuate da sovrani ellenistici e imperatori romani. In l. VIII p. 195, 4-7 CSHB, riporta che Alessandro Magno sacrificò una vergine di nome Macedonia prima di fondare Alessandria, e in l. VIII, p. 200, 14-18 CSHB, che Selueco Nikatore fece lo stesso, uccidendo “nella prima ora del giorno, al sorgere del sole” una vergine di nome Aimathe prima di fondare Antiochia e, in l. VIII, p. 203, 8-10 CSHB, una di nome Agave, prima di fondare Laodicea.
Per quanto riguarda gli imperatori romani, Malalas in l. IX, p. 221, 21-24 CSHB, afferma che lo stesso Augusto, dopo aver fondato Ancyra nel 30 a. C., sacrificò una vergine di nome Gregoria e creò la provincia della Galatia. In l. X, p. 234, 22 e p. 235, 1-2 CSHB, è Tiberio a sacrificare una vergine di nome Antigone per costruire il teatro di Antiochia e in l. XI, p. 275, 13-21 CSHB, anche l’imperatore Traiano, in occasione della ricostruzione di vari monumenti sempre ad Antiochia, sacrifica una vergine di nome Kalliope.
Molti riti di fondazione cruenti sono segnalati da antropologi ed etnologi, in particolare per l’area africana e asiatica. Leo Frobenius , agli inizi del ‘900, riporta la notizia del rito di fondazione dei villaggi della tribù dei Mande, nell’Africa occidentale. La complessa sequenza di azioni aveva interessantissimi punti in comune con il rito di fondazione etrusco-italico e prevedeva, tra l’altro, che i guerrieri a cavallo, che tracciavano il contorno delle future mura della città, conducendo un toro, saltassero la luce di ognuna delle quattro porte previste. La cerimonia di fondazione, che aveva una durata di mesi, terminava con il sacrificio di un toro e di una vergine: ”…il toro ammansito tornava al villaggio recando in groppa la vergine, e faceva tre volte il giro del recinto…per poi entrarvi dalla porta orientale. Al centro del recinto si sacrificavano il toro sull’altare e la vergine entro la fossa…sui corpi della vergine e del toro, sepolti rispettivamente alla sinistra e alla destra della porta orientale, si erigevano i due stipiti di quest’ultima.”